Pubblicato in Itinerari di antropologia visuale, Eurograf, Roma, pp. 8-28. , 1993
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Le origini del cinema etnografico.
Considerazioni preliminari
1.1 Il cinema : un mezzo tra scienza e spettacolo
1.2 Prime applicazioni scientifiche del mezzo cinematografico
1.3 Prime riprese sul "campo"
2 L' archivio di Albert Khan
3. La "camera partecipante" di Robert Flaherty
4 Il "cineocchio" di Dziga Vertov
5. Rinascita del cinema etnografico :Da Boas ai coniugi Bateson
Bibliografia
Considerazioni preliminari
Tracciare i lineamenti di una storia dell' antropologia visiva, non significa soltanto andare a vedere nel corso della storia della disciplina ufficiale sviluppatasi nelle accademie , quando, come, e quale antropologo accademico abbia imbracciato una macchina da presa. In questa breve ricognizione incontreremo protagonisti dalle origini diverse, provenienti da universi disparati: fisiologi, esploratori, geografi, biologi, veri cineasti, e anche dentisti, che molto spesso hanno avuto ben poco a che fare con l' antropologia e gli antropologi loro contemporanei.
Nel settore del visuale l'antropologia incontra una certa difficoltà a tracciare un proprio percorso esclusivo; nei diversi tentativi di ricostruzione intrapresi fin'ora, ancora piuttosto frammentari (De Brigard, Chiozzi, Mattioli) affiora quella che Clifford Geertz ha chiamato la natura "volpina" dell'antropologia; caratteristica della volpe è quella di rubare e razzolare nei pollai altrui, di rubacchiare qua e là. dove capita. Questa analogia veniva utilizzata da Geertz per sottolineare la mancanza di uno statuto rigoroso della disciplina e marcare la differenza dell'istrice filosofo chiuso in se stesso che ricostruisce il mondo con le sue teorie, caratteristica dell'antropologo è invece quella di " far interagire concetti, precognizioni , paradigmi propri del suo spazio tempo, con eventi e documenti della vita dei gruppi umani" (Clemente1990). Possiamo estendere questa analogia anche per l'approccio ad un campo come quello dell' antropologia visiva per non meravigliarci della folla eterogenea che popola le sue origini. In questo caso la disciplina ha intrapreso un dialogo con il linguaggio cinematografico della "fiction", la cinematografia scientifica e la tradizione documentaristica, un rapporto i cui risultati appaiono ancora abbastanza incerti.
Lo statuto epistemologico e metodologico di questo settore è infatti ancora debole e controverso, un vademecum sull' uso della macchina da presa nei contesti della ricerca antropologica è ancora al di là da venire, il quadro è poi ulteriormente complicato dalla relativa facilità con cui oggi è possibile produrre "antropologia visiva ", grazie all'introduzione dei mezzi di registrazione elettronica , che avendo ridotto drasticamente i costi e le difficoltà tecniche d'utilizzo, generano una quantità enorme di materiali di difficile collocazione ed interpretazione.
Forse molte incertezze potrebbero essere evitate ricordando che come con una penna si può scrivere dalla lista della spesa alla Divina Commedia , anche i mezzi di ripresa audiovisuale consentono uno spettro altrettanto largo di possibilità e di qualità . L''esempio è certamente semplicistico, occorre tener presente, accostandosi a qualsiasi documento visivo etichettato come antropologico che spetta sempre al contesto complessivo della ricerca e delle intenzioni che la guidano, decidere della destinazione e del carattere di questo tipo di documentazione:: didattica, appuntistica, esemplificativa, fino all'autonomia formale del vero e proprio film antropologico .
Quella che segue è una breve ricognizione rivolta al passato, alla ricerca di esempi e modalità di rappresentazione dell'uomo e della sua attività che hanno utilizzato l' immagine in movimento.
1.1 Il cinema : un mezzo tra scienza e spettacolo
Il 28 dicembre 1895 , al "Salon Indien" di Parigi i fratelli Louis e Auguste Lumière presentano La Sortie des usines Lumière, il primo filmato a pagamento della storia del cinema. Il soggetto è semplice, si tratta di brevi scene di vita familiare e di lavoro in fabbrica, senza alcun tentativo di sceneggiatura né di montaggio. Vi è una certa inclinazione documentaristica dunque, in questa prima produzione cinematografica degli esordi; la specificità del mezzo era dopo tutto, quella di poter rappresentare la realtà così com 'è, in movimento, e i fratelli Lumière volevano innanzitutto mostrare questa possibilità.
Una scelta dunque, non certo troppo meditata, dovuta soprattutto all'ansia di dimostrare le possibilità tecniche della loro scoperta, una predilezione che sopravviverà fino a quando George Mèlies qualche anno più tardi, svilupperà e dimostrerà, le possibilità narrative del nuovo strumento di espressione.,inventandosi il film a soggetto.
L' avvenimento parigino rappresenta comunque la nascita del cinema come spettacolo di massa, e decreta la nascita dell'industria cinematografica. Nel 1896 nascerà la Pathè Frères, la prima società di produzione cinematografica, che a partire dal 1900, verrà a costituire il primo nucleo dell'industria cinematografica vera e propria. Nel 1903 sopraffatto dalla concorrenza proprio della Pathè, Louis Lumièr gli cederà i brevetti .del suo cinématoghraphe che i due fratelli avevano brevettato otto anni prima .
Il cinématoghraphe portava a compimento gli sforzi di circa cinquant'anni di ricerca sulla possibilità di riprodurre il movimento partendo da immagini fisse.
Risalgono al 1859 i primi brevetti sulla "cronofotografia" dell'inglese Thomas Hooman du Month e quelli del 1864 del francese Louis Arthur Ducos de Hauron. Nel 1874 un ulteriore progresso fu compiuto dall'astronomo Pierre Jules César Janssen, che col suo "revolver fotografico" riuscì a riprendere le fasi del passaggio di Venere davanti al Sole. A questi esordi del mezzo cinematografico nel segno della scienza , corrispose, dalla fine dell'Ottocento in poi, un enorme sviluppo del cinema-come forma di spettacolo , che mise in ombra questa altrettanto importante vocazione della cinematografia.
La data ricordata all'inizio rappresenta è il punto da cui si diparte il bivio,tra cinema-scientifico e cinema-spettacolo, il grande sviluppo di quest'ultimo farà passare quasi in secondo piano l'esistenza del secondo, fin quasi ad una totale identificazione del cinema soltanto come forma d'intrattenimento .
Ma andiamo a rintracciare questa storia dimenticata.
1.2 Prime applicazioni scientifiche del mezzo cinematografico
Risalgono al 1870 i primi esperimenti dell' inglese Edward James Muybridge, che riuscì a fotografare in sequenza i vari passi di un cavallo al trotto, attraverso una complessa apparecchiatura distribuita lungo tutto la pista. Qualche anno più tardi, nel 1882 il fisiologo francese, Jules-Etienne Marey, mise a punto un complesso strumento chiamato "fusil photoghraphique", con il quale era possibile registrare una serie di immagini al ritmo di venti al secondo. Questo sistema secondo le affermazioni di Marey , avrebbe permesso di ottenere una sequenza di immagini di uomo o di animale in movimento, facilitando enormemente gli studi sulla locomozione animale ed umana .Per il fisiologo francese il cinema "supplisce alla difettosità dei nostri sensi e alla limitatezza del linguaggio tradizionale "(cit. in Carpitella 1986)
E' proprio con Marey che abbiamo la nascita ufficiale del cinema come strumento di ricerca per le scienza sperimentali:
"Marey con i suoi studi sulla dinamica fisiologica ossea e muscolare dei movimenti del cavallo, dell' uomo e degli uccelli porta, per esempio in quest'ultimo caso, contributi determinanti all'invenzione dell'areoplano, al volo umano, mentre sul piano della fisiologia umana ed animale permette di dimostrare che il cinema è da una parte un nuovo linguaggio, dall'altra uno strumento che ci permette di arrivare a risultati cui in altro modo non saremo mai potuti pervenire" (Tosi 1986).
Se nel lavoro di Marey possiamo rintracciare l'origine del cinema scientifico al servizio delle scienze esatte, è nell lavoro di un suo allievo Fèlix-Louis Regnault che possiamo intravedere l'inizio del cinema etnografico o del film di ricerca sociale in senso lato (Chiozzi 1983, Mattioli 1991), intendendo con questi termini una pratica di ricerca che si rivolge all' "uomo", mediata e condotta attraverso l'utilizzo del mezzo cinematografico.
Nel 1895 Règnault presentò all'esposizione etntnografica dell'Africa Occidentale di Parigi , la sequenza cronofotografica della preparazione di una tazza di argilla da pare di una donna Wolof ..Negli anni seguenti Règnault realizzarà moltissime riprese sul comportamento locomotorio di diverse popolazioni dell'Africa: modalità di sedersi e di arrampicarsi presso i Woolof, i Fulani e i Diola .
Forse è sotto la suggestione e la spinta creata dal suo lavoro che nel 1900 il Congresso Etnologico Nazionale riunitosi a Parigi approva ila seguente risoluzione:
"Tutti i musei di antropologia dovrebbero aggiungere alle loro collezioni idonei archivi cinematografici . La semplice presenza di una ruota da vaso , di alcune armi o di un telaio primitivo non basta per una piena comprensione del loro uso funzionale . questo può essere trasmesso alla posterità solo per mezzo di precise registrazioni cinematografiche "(cit. in Tosi 1986).
Nel 1912 , lo stesso Règnault propone la creazione di veri e propri archivi cinematografici per lo studio comparato dei movimenti e della cultura dei popoli primitivi.
A ben guardare comunque l'interesse di Règnault è più rivolto verso un' etologia del genere umano nella sua generalità che verso un discorso etnologico vero e proprio, attento alle particolarità sociali e culturali di una particolare popolazione:
"come egli stesso implicitamente riconoscerà in un breve saggio dedicato al ruolo del cinema in etnografia , rivelando che lo scopo teorico che egli si prefigge filmando è quello di studiare 'la fisiologia propria di ciascun gruppo etnico' (Regnault 1933)" (cit. in Chiozzi 1983).
1.3 Prime riprese sul "campo"
Il primo utilizzo sistematico della cinepresa "sul campo" venne relizzato nel 1898 durante la famosa spedizione etnografica sullo stretto di Torres. diretta da Alfred Cort Haddon., di formazione zoologo. La "Cambridge Anthropological Expedition". comprendeva oltre allo stesso Haddon altri due padri dell'antropologia britannica: Charles George Seligman.(1873-1940) e William Halse Rivers (1864-1922).La spedizione è riconosciuto nella storia degli studi antropologici come : "il primo tentativo di studio di una popolazione e del suo ambiente da un punto di vista pluridisciplinare" (Fabietti 1991).
L'iniziativa delle riprese cinematografiche si deve allo stesso Haddon che intendeva rilevare sistematicamente tutti i dati relativi alle popolazioni esistenti in quell'area dalla organizzazione sociale alla religione, dalla vita quotidiana alla cultura materiale alla tecnologia, secondo i dettami del totalizzante concetto di cultura espresso da Edward Burnett Tylor nell'esordio di Primitive Culture del 1871:
"La cultura, o civiltà intesa nel suo senso etnografico più vasto, è quell'insieme complesso che include le conoscenze, le credenze, l'arte, la morale , il diritto, il costume e qualsiasi altra capacità e abitudine che l'uomo acquisisce come membro di una società" (Tylor 1920:1)
L'ambizione era quella di fornire un repertorio più possibile completo delle popolazioni che abitavano lo sretto di Torres :
"La spedizione era concepita come lavoro di èquipe volto alla formazione di un repertorio etnologico sistematico che avrebbe coperto tutti gli aspetti della vita dello stretto di Torres, ivi includendo l'antropologia fisica , la psicologia, la cultura materiale l' organizzazione sociale e religiosa . Si utilizzò tutta una gamma di metodi di registrazione , dei quali alcuni erano nuovi , come il metodo genealogico di W. H. Rivers , ormai classico, la fotografia insieme alla registrazione del suono su cilindri di cera e all'immagine animata.(de Brigard 1989 : 24).
Purtroppo non è rimasto quasi nulla di questa documentazione , tranne quattro brevi sequenze ( tre danze maschili e un esempio di come si accende un fuoco ), e ciò conferma anora una volta , la necessità di costituire archivi non solo per quanto si produce oggi nel campo dell'antropologia visuale , ma anche per promuovere il recupero , quand'esso è possibile , di quanto è stato realizzato nel passato. Come afferma de Brigard troppo spesso :
"La sorte di numerosissimi film etnografici accantonati nei magazzini dei musei o nel garage di famiglia degli antropologi è stata quella di rimanere sconosciuti e inutilizzati . Molti rimasero distrutti in incendi accidentali e per altri presto non sarà possibile alcun intervento di salvaguardia , se i progetti di restauro che sono stati appositamente condotti fin dagli anni 1950 non vengono razionalizzati, centralizzati e finanziati opportunamente"(cit.:25)
La spedizione di Haddon segna così la nascita ufficiale dell'antropologia visuale, come metodo di raccolta dei dati attraverso l' utilizzo sistematico dei mezzi di ripresa audiovisuale nell'ambito della ricerca sul campo :
.L'esempio di Haddon stimola l'impiego del nuovo mezzo , nel 1902 l'etnologo austriaco Rudolf Poch vide a Cambridge le pellicole di Haddon. e nelle sue ricerche svolte tra iil 1904 e il 1906 in Nuova Guinea e in Africa sud-occidentale , porta con se cineprese e pellicole. Nonostante le difficoltà di trasporto in cui si rovinò molto materiale riuscì a recuperare i filmati delle danze a Capo Nelson , delle giovani portatrici d'acqua e dei bambini che giocavano ad Hanuabada , e un uomo che si faceva radere con un rasoio di ossidiana, famosa anche la ripresa realizzata da Poch dell' indigeno australiano cantare nel cono del registratore a rulli di cera..Il recupero delle sue pellicole è stato effetuato nel 1960 da parte dell'Università di Vienna.
Sempre in ambito australiano troviamo un'altro "inconsapevole" protagonista dell'antropologia visuale del secondo Ottocento.
E' Walter Baldwin Spencer, biologo laureato ad Oxford, che nel 1887 fu nominato professore all'Università di Melbourne. Nel 1894 Spencer prese parte ad una spedizione diretta nell'Australia Centrale insieme a F.J. Gillen, direttore delle Poste di Alice Springs e attento conoscitore dei costumi delle popolazioni locali. Gillen e Spencer sono i due informatori più famosi della storia dell'antropologia, per il loro intenso e duraturo sodalizio con Sir James George Frazer l'antropologo da "tavolino" per eccellenza, e primo titolare della cattedra di Antropologia Sociale nel 1908 al'Università di Liverpool. E' nota l'avversione dell'autore di The Golden Bough per la ricerca sul campo, che viene volentieri lasciata ad altri, così mentre l'antropolgia ufficiale si sviluppa "a tavolino", esploratori, biologi come nel caso di Spencer conducono ricerche sul terreno scrivendo capitoli di un metodo antropologiaco che sarà riscopertao solo molti anni più tardi.
"Haddon, Spencer e Poch erano in contatto tra loro e costituiscono forse il nucleo principale, se non l'unico, di una scuola di cinematografia etnografica destinata a non avere molto seguito per i successivi vent'anni.(Mattioli 1991: 57)
Insieme a Gillen, Spencer girò oltre duemila metri di pellicola a 35 millimetri , e più di un' ora di registrazione un risultato che per quei tempi rappresentava un' eccezionalità.
.Questa documentazione che rappresenta la prima testimonianza filmata degli aborigini dell'Australia, fu lasciata in deposito dallo stesso Spencer al National Museum of Victoria, e dimenticata per molti anni, è stato riscoperta e recuperata soltanto recentemente grazie ad un intervento dell'' Australian Commonwealth Film Unit, nel 1967 .
Altri antenati del cinema etnografico sono da rintracciare nel lavoro del medico dentista di Melbourne Brooke Nichools che girò il film Native Australia del 1922, mentre effetuava le ricerche necessarie alla sua tesi di laurea " Dentizione e palato dell'aborigeno australiano".Il film venne girato nella zona nord-est del lago Eyre nell'Australia Centrale presso il gruppo dei Wanngganuru . Il film della durata di circa dieci minuti è diviso in tre parti . La prima Aboriginal Corroborees mostra due cerimonie una propiziatoria per la pioggia , e l'altra di benvenuto nella quale i Wanngganuru ricevono la visita dei membri di un'altra tribù . La seconda Women at Work and Play , mostra le attività di preparazione del cibo, danze e giochi. Nella terza Aboriginal Implements and Weapons, viene illustata la preparazione di strumenti di pietra e di legno. L'ultima parte, Arts and Craft , mostra un aborigeno intento in diverse attività manuali :fabbricazione di reti e di corde.
Sempre in ambito australiano fu girato Pearls and Savage, realizzato tra il 1920 e il 1923, dal capitano Frank Hurley.(1890-1962), definito "uno dei più bei film di viaggio mai relizzato, questo film è la registrazione di due viaggi compiuti dall'autore tra il 1920-1921 in Papua e Nuova Guinea, quando queste zone erano ancora in gran parte inesplorate ed è' probabilmente il primo film girato in questi luoghi. Il film della durata di 55 minuti è molto completo, illustra con attenzione sia la preparazione della spedizione che il momento del contatto con il nuovo ambiente e con le diverse modalità di vita incontrate sul cammino.
Affermava Hurley nel 1924: "La mia ambizione è stata quella di registrare gli avvenimenti, a cui ebbi il privilegio di assistere e di documentare la vita quotidiana, gli usi e i costumi della Nuova Guinea .
2 L'archivio di Albert Khan
L'idea di Règnault, di un archivio sugli usi e costumi delle popolazioni mondiali si realizzò almeno in parte a Parigi, durante i primi anni della grande guerra. Il ricco finanziere e filantropo di origine alsaziana Albert Khan finanziò il Centre de Documentation Sociale a Parigi,e gli Archives de la Planete, diretti da Jean Brunhes, titolare della prima cattedra di geografia umana del Collége de France, istituita sempre grazie al contributo finanziario dello stesso Khan.
Negli Archives de la Plànete vengono conservati tutti i documenti visivi che i fotocineoperatori inviati da Khan raccolgono. Si tratta di un patrimonio enorme, formato da circa 140.000 metri di pellicola cinematografica e da 72.000 fotografie a colori realizzate con il procedimento autocromo inventato dai fratelli Lumière nel 1904.
Gli operatori lavoravano sulla base delle direttive messe a punto da Brunhes. Al geografo interessavano soprattutto le attività pratiche dell'uomo , il rapporto con l'ambiente e il territorio in cui vive.
Secondo l'ambizioso piano originario si sarebbe dovuto coprire l'intero pianeta, ma il crollo finanziario dell'impero di Khan, alla fine degli anni '30 impedì di porare a termine l'impresa. Nelle intenzioni di Khan l'archivio rispondeva a due precise finalità. Da un lato come luogo scientifico, centro di documentazione delle attività umane in via d'estinzione, dal'altro come luogo "didattico" di riflessione per uomini politici e studiosi. Nelle parole dello stesso Khan i documenti raccolti nell'archivio dovevano costiuire un patrimonio che poteva essere esaminato "in ogni circostanza in ogni luogo ed in ogni momento e che testimoni perenni della Realtà, possano continuare a divulgare ovunque quegli insegnamenti che scaturiscono da un'osservazione diretta del patrimonio evolutivo"(cit. in Chiozzi 199).
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Dopo le promettenti premesse di Haddon , il film etnografico , cade in un periodo di stasi.I motivi di questo ristagno vanno cercati secondo Emile de Brigard in un cambiamento d'indirizzo complessivo della ricerca antropologica .L'interesse degli antropologi si sposta dalla cultura materiale e dei comportamenti verso lo "sprito" dei singoli popoli, verso forme sociali immateriali difficili da indagare attraverso la ripresa diretta della realltà. Accanto a queste motivazioni ne possiamo individuare delle altre, come una certa resistenza da parte del'antropologia ufficiale, preoccupati di veder contamunato il proprio campo da un mezzo come il cinema . Inoltre , si veniva a minare alla base un sistema di raccolta dei dati basata sulla parola scritta, l'immagine classica dell'antropologo prevedeva un blocco degli appunti e una matita sulle mani, non certo una cinepresa sulla spalla :
"Per W. D Hambly, Melville Herskrovitz , Patrick O'Reilley e Marcel Griaule, il film era una semplice illustrazione, non una parte integrante della ricerca da usare per la comprensione del fenomeno studiato o da ricordare nelle publicazioni"(De Brigard 1975).
3. La "camera partecipante" di Robert Flaherty
Robert Joshep Flaherty nasce ad Iron Mountain nel Michigan il 16 febbraio 1884, di famiglia irlandese immigrata negli Stati Uniti verso il 1850., si appassiona agli studi di mineralogias, e a venticinque anni comincia le esplorazioni delle terre di Baffin, le isole dell'arcipelago artico canadese un' estensione di circa seicentomila chilometri quadrati perennemente coperta di ghiacci, e con meno di cinquemila abianti.. I primi viaggi dell'esploratore sono finanziati dalla fondazione Mackenzie interessata alla scoperta di eventuali giacimenti solidi e liquidi . Il grosso impegno di Flaherty gli decreterà da parte del governo canadese, l'attribuzione del suo nome a una delle isole Belcher, un sottogruppo della Baffinland.
Dopo le due prime spedizioni, la cinepresa accompagnerà sempre lle spedizioni seguenti di Flaherty per riprendere aspetti del paesaggio e degli abitanti di quelle terre glaciali che cominciano a interessarlo anche da un punto di vista etnologico. Il materiale girato durante la terza spedizione al Baffinland verrà montato ma sarà purtroppo distrutto in un incendio. Si definisce cosi una convergenza tra l'attività esplorativa e quella documentaristica. Nel 1920 riesce finalmente ad ottenere un finanziamento per girare un vero e proprio film sulla vita degli easchimesi, lo "sponsor" è la ditta Revillon Frères di Parigi che ha una rete commerciale per l'acquisto di pellami e pelliccie all'estremo Nord d'America.
Il 15 agosto dello stesso anno Flaherty insieme alla moglie Frances sbarca alla foce del fiume Innusuk, presso capo Duferin, nella parte mediorientale della baia di Hudson dove la ditta finanziatrice aveva installato la loro stazione commerciale per la raccolta delle pelliccie .
Il risultato è Nanook of the North, che verrà presentato verso la fine del 1922 al Cinema Capitol di New York., in cui Flaherty descrive meticolosamente la vita di una famiglia d'eschimesi. Nanook è il vero nome di un uomo che vive tra i ghiacci, che combatte ogni giorno per la sua stessa esistenza. Flaherty si sofferma con minuzia sugli atti di questo processo: la cattura della foca, la pesca del salmone, la caccia al tricheco, la costruzione dell' iglooo, il sopraggiungere dell'uragano, la ricerca di un riparo, cercando di cogliere la realtà cosi come si presenta davanti ai suoi occhi , un'attenzione antropologica che gli viene quasi rimproverata dala critica cinematografica:
"L'impressione di realtà che Flaherty produce viene ottenuta proprio per la sua costante ed umile attenzione allo svolgersi dei fatti , senza prestese di liricizzare o di adornare le immagini che gli si pongono di fronte... Certo l'intento didascalico del regista è spesso presente, si sente ancora in lui la preoccupazione del'onesto reporter che vuole soprattutto rendere noti certi fatti, certe collacazioni, certe topografie . Lo stesso inizio del film con la rappresentazione della mappa del teritorio in cui si svolgono i fatti narrati dalla cinepresa, l'insistere con i campi lunghi o lunghissimi che rendano la planimetria dei luoghi (nei quali in seguito appariranno gli eschimesi) sono indizi di un'intenzione di comunicare dati di fatto, di privilegiare l'aspetto antropologico più che quello psicologico""(Napolitano,1975) .
Pur non esssendo un antropologo il lavoro di Flahaeerty contiene numerose indicazione metodologiche che saranno impiegate dagli antriopologi visuali contemporanei , nelle parole di Rouch che il cinema etnografico:
"è uno strumento d'inchiesta insostiutuibile , non soltanto per la sua capacità di riprodurre indefintivamente ciò che è stat osservato , ma riscoprendo la vechhia tecnica d Flaherty , per la possibilità di riproporre il documenti alle genti osservate e di studiare con loro attraverso le immagini i loro comportamenti"(cit. in Sardan 1971:1).
Ecco nei ricordi dello stesso Flaherty quello che successe quando gli eschimesi videro per la prima volta la pellicola di Nanook a caccia di trichechi, sviluppata la sera precedente :
Alla sera tutta la pellicola che avevo era impressionata. La scialuppa era piena di carne e zanne d'avorio . Nanook non aveva mai fatto una caccia al tricheco così fortunata, ne io avevo mai girato meglio . Tre giorni dopo la campana del posto commerciale annuncia che il "kablunah" (Flaherty).è pronto a mostrare il suo "aggie" (film) sugli "ivuik" (trichechi). Uomini, vecchi, donne e bambini: nella stanza non c'è più un centimetro libero. Il lenzuolo che fa da schermo si illumina.
Appare una figura tutti tacciono. Non capiscono . Il commerciante grida : "Guardate, è Nanook !" . Continuano a non capire . Guardano il proiettore , guardano Nanook , che è il più sorpreso di tutti . Guardano di nuovo lo schermo su cui appare qualcos'altro , che si muove, alza la testa .
"Ivuik,! Ivuik !" La stanza trema . La figura sullo schermo si alza con l'arpione in mano .
"Attento ! Attento ! gridano gli spettatori .
La figura colpisce . Il tricheco scivola in mare . Altri accorrono , afferrano la corda dell'arpione .
"Tienilo ! Tienilo ! , urlano gli uomini . " Tienilo ! Tienilo ! " gridano le donne . "Tienilo ! Tienilo " fanno eco i bambini . Quando riescono a tirarlo fuori dall'acqua nella stanza è il finimondo .
La fama del film si diffuse per tutta la costa . Nanook mi portva ogni eschimese di passaggio perchè gli facessi vedere lo "ivuik aggie" .
Due anni dopo la posta che giunge dal nord solo una volta all'anno mi portò la notizia che Nanook era morto . Si erq avventurato nell'interno alla ricerca di renne . Nonriuscì a trovarle e morì di fame . Povero caro Nanook, il nostro aggie diventò il film Nanook of the North e venne proiettato in tutti i più remoto angoli della terra anche là dove bisognava spiegare che tutta quella roba bianca è neve "(cit. in Griffith 1953).
E ancora Chiozzi discutendo dell'estraneità della telecamera come elemento che in qualche modo altera il contesto della ricerca, ricorda la lezione di Flaherty:e della sua "camera partecipante" :
"Proprio R. Flaherty , consapevole di ciò e volendo tentare di ridurre al minimo l'effetto perturbatore della cinepresa , cercava di assuefare i suoi soggetti alla presenza della cinepres , usandola in continuazione senza avervi inserito la pellicola fino a che non gli sembrava che essa venisse percepita come un elemento non estraneo alla situazione "(Chiozzi 1984).
4 Il "cineocchio" di Dziga Vertov
Dziga Vertov (pseudonimo di Dennis A. Kaufmann) di origine polacca considerato il padre del documentario sovietico, relizzò nel 1922 la serie Kino-Pravda (cinéma-vérité).
Il programma di Vertov è espresso nel suo manifesto del '23 dove dichiarava che la cineptresa deve operare come un cine-occhio, con la funzione di sostiuire l'occhio dello spettatore la' dove si sta svolgendo un fatto :
"Io sono il cineoochio. Io sono un occhio meccanico . Io sono una macchina che vi mostrerà il mondo come solo una macchina può fare . d'ora in poi vi libererò dall'umana immobilità . Io sono in perpetuo movimento . Io posso avvicinarmi alle cose e ritrarmi da esse , scivolare sotto di loro, entrarvi dentro . Io posso muovermi sul muso di un cavallo in corsa, fendere le folle e a gran velocità , guidare i soldati in battaglia , decollare come un areopplano ....il cineocchio.. include tutti i metodi , senza alcuna eccezione , che permetono di raggiungere e registrare LA REALTA': una realtà in movimento"(Vertov 1923).
La sua teoria si fonda sulla premessa che il documento visivo capace di parlare da se e di essere realmente rivelatorà della realtà effetiva. Da un certo punto di vista ,Vertov può essere così consideratocome l'antesignano di quella che sarà poi l'inchiesta televisiva. Ma se "Cine Occhio: la vita colta alla sprovvista" (1924) e "L'Uomo con la machina da presa" (1929) sono una realizzazione pratica delle sue teorie, altre sue produzioni , come "Avanti societ" (1926) e "Tre canti su Lenin" sono dei veri e propri tributi al regime sovietico d'allora.
Lenin stesso sosteneva che per i fini della rivoluzione il cinema era la più importante di tuttte le arti, per le sue possibilità educative e propagandistiche.
Le teorie di Vertov furono accolte soprattutto in Germania da Hans Richter e da Jean Vigo in Francia che nel 1929 ribadiva l'importanza delle riprese dal vivo, ma aggiungendo che il cinema non poteva essere testimonianza pura della relatà , ma " punto di vista documentato"
5. Rinascita del cinema etnografico :Da Boas ai coniugi Bateson
Il 1930 è una data importante per il l'antropologia visuale ; in quell'anno infatti Franz Baoas gira in 16 mm tra i Kawakitul, nella Columbia Britannica, e registra il sonoro su rulli di cera. Boas era già anziano, aveva 70 anni, ed era la sua ultima spedizione. Non scrisse niente di teorico su questa sua inedita iniziativa .
Questa documentazione è stata riscoperta soltanto recentemente, ed è costituita da materiali di ricerca che nulla concedono all'estetica, non furono neanche montati da Boas. Il materiale doveva essere utilizzato soltanto ai fini della ricerca e per questo rivelano una stretta connessione fra il modo di usare la cinepresa e la concezione boasiana della cultura .
Jay Ruby, uno dei principali artefici della riscoperta del Boas cineoperatore in un recente saggio ha sottolineato questo utilizzo analitico della macchina da presa che fa di Boas uno dei dei veri padri fonatori dell'antropologia visuale moderna .
Le sequenze di Boas sono dati funzionali alla sua ricerca, in cui è completamente assente l'attenzione al dato estetico.
"Boas sentiva un urgente bisogno di salvare, e se necessario ricostruire quanto possibile della cultura tradizionale dei Kawakiutl. Egli aveva sottoscritto una teoria della cultura che gli consentiva di rimuovere pezzi di comportamento dal loro contesto normale con finalità di registrazione e di analisi. Questa teoria della cultura generò un approccio all'immagine.Boas filmò i capi dei Kawakiutl, mentre si vantano, vale a dire, mentre facevano discorsi e ragionamenti. Normalmente questi discorsi si svolgevano nel cuore della notte , in un contesto di una particolare cerimonia e davanti un pubblico. Nel film i due uomini sono fuori alla luce del sole senza cerimonia ne pubblico. Per Boas la performance possedeva ancora comunque quegli elementi che egli desiderava studiare ed era quindi , valida per i suoi propositi" (Chiozzi 1983:29)
In definitiva , sia pur per motivi diversi , Boas segue una metodologia analoga a quella di Flaherty . Quello che vuole fermare con la cinepresa è il modo di comportarsi, gli elementi particolari di una cultura. Inoltre vi è in Boas il desiderio di costruire un patrimonio di dati relativi ad una cultura in declino , di raccogliere su essa informazioni visuali utilizzabili anche in futuro.
Proprio ad un' allieva di Boas: Margaret Mead e ad a suo marito: Gregory Bateson naturalista di formazione , che guardacaso si era formato ala scuola di Haddon a Cambridge si deve uno dei corpus etnografici di documentazione più consistenti per l'antropologia visiva . Dal 1936 durante i due anni della loro ricerca nell'isola di Bali , venne impiegato un arsenale senza precedenti di pellicole e materiale sia fotografico che cinematografico. Vennero scattate circa 25.000 mila fotografie e impressionati più di 22.00 piedi di pellicola cinematografica a 16 millimetri. La produzione visiva dei coniugi Bateson è la prima in cui c'è un esclusivo privilegiamento della modalità di raccolta dei dati attraverso l'utilizzo dei mezzi di registrazione audiovisuale:
"A poco a poco sviluppammo un metodo d'annotazione in base al quale io seguivo gli eventi principali mentre Gregory girava pellicole e scattava fotografie (non avevamo strumenti per registrare i suoni e dovevasmo servirci delle incisioni musicali fatti da altri) e il nostro giovane segretari balinese Made Kaler teneva una registrazione in balinese , che ci forniva il vocabolario e un contro coontrollo delle mie osservazioni "(Mead, 1977 cit in Operti 1991).
Secondo Marvin Harris l'utilizzo intensivo del nuovo metodo era una conseguenza diretta dalle critiche mosse alle sue modalità di descrizione dell' "ethos" degli abitanti delle Samoa e della Nuova Guinea:
"Uno dei modi in cui la Mead ha cercato di superare questa difficoltà è rigorosamente metodologico. Ha infatti cercato di perfezionare la capacità dimostrativa delle sue osservazioni ricorrendo a macchine fotografiche e registratori a nastro per catturare gli eventi di comportamento caratteriologicamente significativi nel loro contesto situazionale, e pubblicando o esibendo queste registrazioni unitamente alle descrizioni verbali. Queste ultime si basano a loro volta sulla straordinaria capacità dela Mead di prendere appunti"(Harris 1971 :560).
Il nuovo metodo venne utilizzato anche nella ricerca seguente in Nuova Guinea , nelle zone del fiume Sepik, finalizzato a raccogliere materiale, per tentare un confronto tra gli Iatmul e Balinesi. Il materiale della spedizione a Bali e in Nuova Guinea sarà raccolto nella serie Films on character formation in different cultures, a cura dell'Institute for Intercultural Studies. Si tratta di sei film in bianco e nero sonori che mostrano la relazione esistente tra il modo in cui bambini vengono educati in una determinata cultura in relazione ad altri aspetti della medesima cultura come la trance , la danza , il teatro.
Il lavoro della Bateson e Mead è pregievole sotto l'aspetto metodologico , in quanto c'è ll'intenzione precisa di raccogliere dati su aspetti non verbali del comportamento , che non potevano essere descritti e analizzati in nessun'altro modo.
Va comunque ricordato che la Mead non fa differenza tra materiali cinematografici e fotografici, e riconosce ad ambedue una funzione fondamentale per la ricerca.
Ricordiamo un ultimo film che si aggiunge alla serie, intitolato Learning to Dance in Bali, montato nel 1978 e presentato nel 1988 al Margaret Mead Festival e nel 1989 al Festival dei Popoli di Firenze.
Il film è suddiviso in tre parti, che illustrano i diversi modi di iniziazione alla danza nell'isola di Bali . Nella prima sequenza il famoso maestro Mario di Tabanan da una lezione di Keybar, una tra le danze più famose di Bali, ad un ragazzo di nome Karba. Nelle sequenze successive vediamo Karba con il padre che sta cominciando a insegnargli i primi passi di danza. Poi c'è la scambievole lezione tra Mario e un danzatore proveniente dal Sud dell'India. Infine Mario ci offre un bel saggio di Keybar, in cui il danzatore si esibisce davanti ad un'orchestra di gamelan.
La Mead ha continuamente stimolato attraverso sagi ed articoli l'utilizzo dei mezzi di registrazione audiovisuale nella ricerca antropologica, considerandoli un mezzo dalle inestimabili possibilità conoscibili per la natura dell'oggetto di studio che gli antropologi si trovano a trattare. Come ribadiva in un famoso saggio Visual anthropology in a Discipline of Word:
"Molte delle situazioni con cui noi abbiamo a che fare, situazioni formate da migliaia di anni di storia umana, che non potranno mai essere replicate in laboratorio. Ma con la raccolta appropriata e la conservazione di materiali visuali e sonori ricchi d'annotazioni, noi possiamo replicare ed analizzare minuziosamente questi stessi materiali. Come gli strumenti più elaborati ci hanno insegnato di più riguardo al cosmo, cosi le registrazioni accurate di questi preziosi materiali possono illuminare la nostra crescente conoscenza e il nostro apprezzamento per il genere umano" (Mead 1975: 10).
Bibliografia
Chiozzi P., 1983, Antropologia Visuale , Firenze: Casa Husher, ,
De Brigard E.,1989, "Breve storia del film etnografico, in AA.VV. Realtà dell'Uomo. Cinema e antropologia , Il nuovo spettatore 12, Franco Angeli editore, Milano
Griffith R., 1953, The World of Robert Flaherty , Duell, Sloan e Pearce.
Mattioli F., 1991, Sociologia Visuale, , Nuova Eri
Harris M. ,1971, L'evoluzione del pensiero antropologico, Il Mulino Bologna.
Napolitano, 1975, Flaherty, La nuova Italia, I Castori
Operti 1991
Sardan J P.O.,1971, Ou va la cinéma ethnograpique, L'ethnographique, 65: 1-11.
Tosi V. , 1980, "A proposito della scientificità del film etnologico" in Bollettino AICS ( Associazione italiana cinematografia scientifica).
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Pubblicato in Itinerari di antropologia visuale, Eurograf, Roma, pp. 8-28. , 1993
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