Pubblicato in "Culture della complessità" a cura di
Alberto M. Sobrero e Alessandro Simonicca Cisu, Roma, 2001, pp. 161 - 180
Cultura, identità ed etnografia nell'epoca di Internet
Note dal cyberspazio
di Vincenzo Bitti
La rivoluzione delle comunicazioni prodotta dall'esplodere delle reti telematiche di cui Internet, la Rete, è la materializzazione più visibile, ha effetti molteplici che coinvolgono potenzialmente tutte le sfere dell'attività e dell'organizzazione umana.
E' diffusa la sensazione che la posta in gioco delle trasformazioni in atto sia piuttosto alta, stiamo vivendo, molto probabilmente, un momento di passaggio epocale che sembra somigliare ad altri periodi cruciali della storia umana. Mark Poster la paragona all'emergere della cultura urbana e mercantile nel feudalesimo:
«Ritengo inoltre che ciò che è in gioco con queste innovazioni tecniche non sia semplicemente la maggior efficienza di interscambio, che permette nuove modalità di investimenti, maggiore produttività sul lavoro e l'apertura di nuove sfere di divertimento e di consumo, ma un vasto e pervasivo cambiamento nella cultura e nel modo in cui le identità sono strutturate. Se mi si concede una analogia storica: le società tecnicamente avanzate si trovano a un punto della loro storia simile a quello che vide l'emergere di una cultura urbana e mercantile nel mezzo della società feudale del Medioevo. In quel frangente le pratiche di scambio dei beni richiedevano agli individui di agire e di parlare in modi nuovi, decisamente diversi dall'aristocratico codice d'onore degli incontri faccia-a-faccia, basati sulla fiducia personale nella parola di ciascuno e sui legami gerarchici di interdipendenza. Interagendo con persone completamente sconosciute, qualche volte a grande distanza, i mercanti richiedevano documenti scritti a garanzia delle promesse verbali[…] Tra i mercanti si costruì, gradualmente, un nuovo tipo di identità ; ciascuno poi fondava la stabilità e la coerenza della propria individualità su abilità cognitive indipendenti. Questa fu la base culturale di quel mondo moderno, che più tardi avrebbe utilizzato la stampa per incoraggiare e diffondere queste forme di identità urbana» (Poster 1999 : 66).
Data la straordinaria estensione delle trasformazioni che si stanno verificando, non è facile indicare in modo certo la dimensione specifica di questo cambiamento, che possa dare un'idea esaustiva di ciò che sta accadendo. Il lavoro, l'economia, l'istruzione, stanno gradualmente cambiando la loro fisionomia per effetto dell'introduzione delle nuove tecnologie della comunicazione, ma è ancora difficile intravedere l'esito finale di queste trasformazioni.
Per quanto riguarda l'antropologia e le scienze sociali in generale, soffermarsi a riflettere sul rapporto con tale rivoluzione, significa trovarsi di fronte a una serie di questioni che vanno dagli aspetti più propriamente teorici delle discipline, all'organizzazione stessa della comunità scientifica e all'emergere di nuove modalità di divulgazione e comunicazione dei risultati di ricerca. Schematicamente possiamo indicare almeno tre aree di riflessione:1) ridefinizione di concetti teorici generali; 2) la nascita di nuovi oggetti e campi di ricerca; 3) la riorganizzazione della comunità scientifica.
Diamo intanto una descrizione minima di alcune caratteristiche del tipo di comunicazione che la Rete rende possibile: a) comunicare in maniera estremamente veloce con chiunque sia collegato a essa, in modalità sia sincronica che asincronica; b) distribuire in maniera estremamente semplice e a basso costo qualsiasi tipo di informazione che sia trasformabile in formato digitale (testo, audio, video); c) creazione di gruppi di interazione accomunati da interessi personali, senza che sia necessario alcun contatto fisico tra i partecipanti: le cosiddette comunità virtuali nelle loro diverse versioni. In sintesi, il tipo di comunicazione che la Rete rende possibile capovolge lo schema verticale dei media tradizionali (televisione, radio, stampa) che prevedono pochi centri di emissione e una massa di ricettori passivi, o almeno che non hanno il potere di contribuire e partecipare attivamente alla produzione dell'informazione. Non esiste insomma, nei media tradizionali, quella reciprocità e capacità di interazione trasversale tipica della Rete. Data la sua particolare configurazione tecnica, Internet non possiede centri di emissione privilegiati; fruitori e produttori d'informazione si scambiano continuamente il ruolo di emittente e ricevente senza limitazioni di sorta, se non per quel minimo di alfabetizzazione tecnica necessaria all'uso di queste tecnologie. Orizzontalità, bidirezionalità e fluidità sono le caratteristiche della comunicazione in rete, contro la verticalità e l'unidirezionalità dei media tradizionali.
Per quanto riguarda gli aspetti teorici delle discipline sociali concetti antropologici classici, in qualche modo legati a un'idea di stabilità e di collocazione in uno spazio geografico ben definito, come cultura, campo, nazione, etnia, ricevono una spinta ulteriore alla loro ridefinizione per effetto delle nuove tecnologie della comunicazione. Si prosegue così una tendenza in atto da tempo nelle discipline sociali:
«Non sembra più possibile descrivere oggi i rapporti tra culture in termini di autonomia, pluralità e relatività: la situazione dominante è piuttosto quella della giustapposizione e del sincretismo. E' difficile pensare ancora all'umanità come suddivisa in molteplici isole culturali, distinte come le specie naturali, tendenzialmente autosufficienti - [...] Ci troviamo al contrario, per dirla con G. Vattimo (1989), in una situazione di "comunicazione generalizzata": il mondo contemporaneo vede un enorme aumento della mobilità, un rimescolamento demografico, una circolazione dei prodotti e delle conoscenze senza precedenti. La globalità dei processi economici e politici crea reti di interconnessioni che penetrano fin dentro i contesti locali più periferici. Ciò contribuisce a rendere i confini culturali sempre più confusi e mutevoli; la sistematica ibridazione, l'aggregazione di tratti eterogenei in nuove e instabili configurazioni, è adesso la regola, non più soltanto la patologica distorsione di una presunta originaria purezza delle matrici culturali» (Dei 1993: 68).
Anche Fabietti ci ricorda in un volume uscito di recente che: «Le culture non sono più assegnabili a regioni, spazi, territori strettamente definiti» (1999: 264). La circolazione globale velocizzata delle informazione e delle immagini, insieme alla facilità di viaggiare ed di spostarsi fisicamente da un luogo all'altro del pianeta, ha effetti che non risparmiano nessun luogo e cultura del mondo. In questo senso, secondo Fabietti, l'etnografia è costretta a diventare cosmopolita: bisogna sapere includere nei propri resoconti la possibilità che oggi una buona parte dell'umanità ha di immaginare “vite possibili”, sganciate dai contesti locali ma non prive di effetti su di essi, rappresentazione e fantasie prodotte dalla circolazione di immagini, informazioni e uomini che caratterizza l'epoca contemporanea:
«questa possibilità di immaginare mondi diversi da quello in cui abitiamo è diventata sempre più rilevante, al punto di essere parte integrante del nostro stesso mondo. Soprattutto se è veicolata come accade oggi, da supporti di nuovo tipo» (cit. : 265).
Alla descrizione di alcune caratteristiche di questi “supporti di nuovo tipo” sono dedicate le note che seguono. Supporti, quelli telematici, che per la loro particolare configurazione tecnica creano, non solo canali veloci comunicazione più, ma un luogo di interazione del tutto particolare: il cyberspazio:
«Definisco il cyberspazio lo spazio di comunicazione aperto dall'interconnessione mondiale dei computer e delle memorie informatiche. Questa definizione comprende l'insieme dei sistemi di comunicazione elettronici (incluso l'insieme delle reti hertziane e telefoniche classiche) nella misura in cui convogliano informazioni provenienti da fonti digitali o in via di digitalizzazione . Insisto sulla codifica digitale perché essa condiziona il carattere plastico, fluido calcolabile, e raffinatamente modificabile in tempo reale, ipertestuale, interattivo e per concludere virtuale dell'informazione che è, mi pare, il tratto distintivo del cyberspazio» (Lévy, 1999: 91).
«Il fatto più spettacolare di questo fenomeno sociale è che, di tutte le persone coinvolte, non interessa assolutamente sapere dove risiedono fisicamente. Internet è un gigantesco cyberspazio che ha annullato le distanze dello spazio fisico» (Scaruffi, 1996:107).
Un secondo aspetto, infatti, su cui le scienze sociali si trovano a riflettere riguarda la nascita di nuovi campi di ricerca che tentano di esplorano sia le nuove forme di socializzazione telematica, che l'interazione tra vita quotidiana e virtuale, o, per dirla nei termini di un gergo che si va sempre più diffondendo, tra mondo off line e on line. Posta elettronica, newsgroup, mailing list, programmi chat solo testo e/o multimediali, Mud, Moo, insomma, tutte le diverse modalità di comunicazione sincronica e asincronica che l'accoppiata computer e Internet mettono a disposizione, hanno creato inconsueti spazi di socializzazione. I termini ricorrenti per indicare l'oggetto complessivo di questo nascente settore di studi sono quelli di: cyberculture, internet culture, virtual communities, CMC (computer mediated communication). I siti web relativi propongono bibliografie online, raccolte di saggi, collezioni di programmi universitari, interviste a studiosi del settore, dichiarazioni programmatiche, tentativi di avviare progetti di ricerca strutturati (forniremo in appendice una lista commentata di alcuni tra i più interessanti di questi siti. Anche su alcuni tentativi di “etnografia del cyberspazio” dedicheremo qualche nota più oltre).
Un terzo punto area riguarda la stessa riorganizzazione della disciplina e della comunità scientifica per effetto di queste nuove tecnologie di comunicazione. Questo stesso intervento è stato reso possibile dai numerosi materiali che circolano in Rete: saggi, articoli, etnografie, pubblicazioni più o meno ufficiali facilmente reperibili in tempo reale. Impensabile fino a pochi anni fa poter disporre di una mole di materiale così immenso, se non a pena di grandi spostamenti o lunghi tempi di attesa. La possibilità di avere in tempo “quasi” reale una visione organica di ciò che si sta muovendo in altri paesi, di ciò che altri ricercatori stanno realizzando e la possibilità di interagire, scambiare opinioni immediatamente, cambia le regole della diffusione dell'informazione scientifica con esiti che è ancora difficile prevedere. Oltre alle modalità di comunicazione dello stato dei lavori, l'uso delle nuove tecnologie sta sviluppando anche nuove forme di presentazione dei risultati della ricerca. Si allude al vasto campo della multimedialità, dell'ipertestualità. Se l'antropologo finora «ha scritto», è possibile prevedere che farà anche altro nel prossimo futuro.
L'immagine che riassume metaforicamente ciò che sta accadendo è quella della “rete”. Diamo una definizione minima: la rete è una struttura senza centro formata da linee interconnesse tra loro che formano nodi equidistanti, in relazione l'uno all'altro su un piano orizzontale e senza gerarchie di valore tra loro.
La rete, oltre che una realtà materiale composta di cavi telefonici e fibre ottiche è un immagine efficace che permette di cogliere alcuni aspetti fondamentali dello scenario culturale inaugurato dalle nuove tecnologie dell'informazione. Gianni Vattimo coglie nell'immagine della rete il ponte di passaggio tra moderno e postmoderno. Mentre il senso della modernità è riassumibile nell'immagine del motore, come origine esclusiva del movimento, la rete, per la sua struttura non gerarchica, sintetizza invece il senso del postmoderno e potrebbe ribaltare la visione pessimistica che molti filosofi del Novecento hanno nutrito nei confronti della tecnologia. L'atteggiamento di sospetto e sostanzialmente negativo che filosofi come Adorno e Heiddeger avevano nei confronti della razionalità tecnica, afferma Vattimo, proveniva proprio dal carattere minaccioso, gerarchico e verticistico implicito nell concetto di motore:
«Gran parte degli atteggiamenti polemici dei filosofi novecenteschi nei confronti del mondo della razionalità tecnica sono stati dominati dall'immagine del motore, e cioè della tecnologia meccanica. Era questa immagine, soprattutto, che sembrava riassumere i pericoli incombenti sull'autenticamente umano, sulla libertà a causa della razionalizzazione tecnico-scientifica della società, e anzitutto del lavoro. Si trattava purtroppo di un sospetto fondato, come, su piani diversi ma con lo stesso risultato “alienante”, mostrarono il taylorismo e la propaganda nazista. Quest'ultima, come ogni propaganda del resto, era modellata esattamente sull'idea di un centro che muove e di un immensa periferia che agisce in base agli impulsi di quel centro […] se il termine postmoderno ha un senso (e a mio parere lo ha), esso si fonda nella dissoluzione del modello “centrale” del motore e sulla sua sostituzione, ancora semplicemente abbozzata e vaga, con la rete. Decisiva è, in quest'ultimo modello la presenza di nodi e incroci che non richiedono un nodo ultimo; e la reciprocità della comunicazione , che esclude la stessa idea di un istanza suprema, o in termini filosofici, di un fondamento» ( Vattimo, Telema 8, 1977).
Questo funzione “liberatoria” della cultura nella sua versione postmoderna, quasi materializzata nella struttura tecnica delle reti telematiche, la ritroviamo anche nelle riflessioni di un altro capostipite del pensiero postmoderno: Lyotard, il quale afferma che nella società contemporanea l'individuo anche se debole, non è mai isolato del tutto, e si trova sempre coinvolto in un tessuto di relazioni complesse e dinamiche:
«Giovane o vecchio, uomo o donna ricco o povero esso è sempre situato ai “nodi” dei circuiti di comunicazione, per quanto infimi essi siano; e ciò che più conta , questo soggetto non è mai […] privo di potere sui messaggi che lo attraversano definendone la posizione, sia che si trovi nella condizione di destinatore, o destinatario, o di referente» (Lyotard 1985:32).
Questa prospettiva di una possibile libertà non solo è indipendente da ogni fondazione filosofica dei saperi e delle pratiche sociali, ma è strettamente correlata all'abbandono della filosofia come fondazione. Infatti, e Lyotard torna a ripeterlo nel Dissidio (1983), il mito della giustificazione filosofica è legato alla pretesa di ricondurre a unità ciò che è «eterogeneo», «altro», e alla presunzione che si possano dare norme di giudizio universalmente valide e indistintamente applicabili a tutti i giochi che compongono la nostra vita; proprio questa pretesa di riconduzone dell'eterogeneo a unità secondo Lyotard ha in sé i germi del totalitarismo, e ha generato le forme di terrore che hanno insanguinato il XX secolo.
La mancanza di fondamento, di un principio unico e totalizzante che coordini la realtà, è la caratteristica che anche Pierre Lévy, individua come essenziale dello stile culturale che nasce dalle diffusione capillare delle reti telematiche, l'impossibilità pratica di un accesso totale alle informazioni è declinato in senso positivo e liberatorio dal sociologo francese:
«Se si resta con la nostalgia di una cultura ben costituita, organica, con la nostalgia di una totalità culturale, non se ne esce. La conoscenza e la cultura è qualcosa che si sta definitivamente detotalizzando. Vi dicono: potrete avere accesso a tutte le informazioni, alla totalità delle informazioni, ma è proprio il contrario: adesso sapete che non avrete mai accesso alla totalità.» (Pierre Lévy 1995 intervista all'EMSF – RAI Educational).
Lévy vede nell'organizzazione ipertestuale e non gerarchica della distribuzione dell'informazione in Rete una via d'uscita dal mondo totalizzante e autoriale della scrittura, e il procedere a un tipo di conoscenza “situata”, nell'ipertesto mondiale delle informazioni è possibile partire da qualsiasi frammento, e da quella posizione ricostruire intorno ad esso un senso, non si è mai “fuori contesto”:
«In effetti, il principale evento culturale preconizzato dall'emergere del cyberspazio è la separazione di questi due operatori sociali o meccanismi astratti più che concetti) che sono l'universalità e la totalizzazione. Il motivo è semplice :il cyberspazio dissolve la pragmatica della comunicazione che, dall'invenzione della scrittura, aveva riunito insieme l'universale e la totalità. Ci riporta, in effetti, a una situazione precedente alla scrittura - ma su un'altra scala e un altro orizzonte – nella misura in cui l'interconnessione e il dinamismo in tempo reale delle memorie on line fanno nuovamente condividere il medesimo contesto, il medesimo immenso ipertesto vivente, ai partner della comunicazione. Qualunque sia il messaggio che ci si trova di fronte, esso è connesso ad altri messaggi, a commenti a glosse in costante evoluzione, a persone interessate al suo contenuto, a newsgroup in cui viene discusso qui e ora. Qualunque testo è il frammento, forse misconosciuto dell'ipertesto mobile che lo avvolge, lo connette ad altri testi e funge da mediazione o da ambiente a una comunicazione reciproca, interattiva, ininterrotta. Nel regime classico della scrittura, il lettore è condannato a riattualizzare il contesto a suo spese, oppure ad affidarsi al lavoro delle chiese, delle istituzioni o delle scuole, che si accaniscono a risuscitare e a circoscrivere il senso. Oggi, tecnicamente, grazie all'imminente messa in rete di tutte le macchine del pianeta, non ci sono più messaggi “fuori contesto”, separati da una comunità attiva. Virtualmente, tutti i messaggi sono immersi in un amnio comunicativo pullulante di vita e che include gli stessi soggetti, di cui il cyberspazio appare progressivamente come il cuore» (Lévy 1999: 114).
Un certo tipo di pensiero postmoderno secondo Lévy ha invece confuso l'universale con la totalità, sfociando in un attegiamento di diffuso pessimismo, riguardo qualsiasi progettualità:
«La filosofia postmoderna ha descritto in maniera adeguata l'esplosiva dissoluzione della totalità. La favola del progresso lineare e garantito non ha più corso , né in arte né in politica né altrove. Quando non c'è più “un” senso della storia ma una molteplicità di piccole affermazioni che lottano per la propria legittimità, come organizzare la coerenza degli eventi, dov'è l'avanguardia? Chi è in anticipo? Chi è progressista? In poche parole, per riprendere l'espressione di Jean-Francois Lyotard, la postmodernità proclama la fine delle “grandi narrazioni” totalizzanti. La molteplicità e il radicale intrecciarsi di epoche , i punti di vista e le legittimità, tratto distintivo del postmoderno, sono d'altronde accentuati e nettamente incoraggiati dalla cybercultura. Ma la filosofia postmoderna ha confuso l'universale e la totalizzazione. Il suo errore è stato quello di buttar via il bambino dell'universale con l'acqua sporca della totalità.
Che cos'è l'universale? E' la presenza (virtuale) dell'umanità a se stessa. Quanto alla totalità, la si può definire come il concentrarsi stabile del senso di un pluralità (discorso, situazione, insieme di eventi, sistema, ec..) Questa identità globale può essere racchiusa nell'orizzonte dinamico della vita, emergere dalle oscillazioni e contraddizioni del pensiero. Ma per quanto le sue modalità siano complesse, la totalità resta ancora all'interno dell'orizzonte dello medesimo.
La cybercultura mostra precisamente che esiste un'altra maniera di instaurare la presenza virtuale dell'umanità a se stessa (l'universale) oltre all'identità di senso (la totalità).» (Lévy 1999: 117)
Secondo il sociologo francese le nuove tecnologie consentono di ottimizzare le intelligenze umane, e permettono di continuare, in un certo senso, a perseguire la realizzazione del progetto di emancipazione dell'illuminismo, anche se con un po' di accortezza:
« Che cos'è l'intelligenza collettiva? In primo luogo bisogna riconoscere che l'intelligenza è distribuita dovunque c'è umanità, e che questa intelligenza, distribuita dappertutto, può essere valorizzata al massimo mediante le nuove tecniche, soprattutto mettendola in sinergia. Oggi, se due persone distanti sanno due cose complementari, per il tramite delle nuove tecnologie, possono davvero entrare in comunicazione l'una con l'altra, scambiare il loro sapere, cooperare. Detto in modo assai generale, per grandi linee, è questa in fondo l'intelligenza collettiva.
Sì, in un certo senso io perseguo, tento di perseguire, credo che si possa perseguire oggi il progetto di emancipazione dell'Illuminismo. Perfetto, ma evidentemente senza l'ingenuità degli illuministi di credere che il progresso sia garantito dall'evoluzione scientifica e tecnica. Oggi si sa che la soluzione di questo problema non è garantita e che dipende dalla volontà politica, dipende dagli operatori culturali fare in modo che le possibilità aperte dalla tecnica siano sfruttate in un senso socialmente positivo. Ma non è affatto scontato.» (intervista a Pierre Lévy sul sito di Mediamente, 1995).
Su un piano più pragmatico, il nesso nuove tecnologie e postmodernità è al centro anche della riflessione di Sherry Turkle, sociologa docente al Mit considerata la Margaret Mead della cybercultura, per essere stata una delle prime studiose dal punto di vista “etnografico” del cyberspazio. Nel suo La vita nello schermo parla del suo incontro con Internet come materializzazione delle “lezioni francesi” di Lacan e Foucault:
«verso la fine negli anni '60 ho vissuto in una cultura che insegnava come il sé fosse costituito da e attraverso il linguaggio, che l'incontro sessuale è lo scambio dei significanti, e che ciascuno di noi è composto da una molteplicità di parti, frammenti, e collegamenti di desideri. Questa era la fucina della cultura intellettuale parigina , tra cui i guru c'erano Jacques Lacan, Michel Foucault, Gilles Deleuze e Félix Guattari. Ma nonostante simili condizioni ideali per imparare, le mie “lezioni francesi” rimasero puri esercizi d'astrattismo. Questi teorici del post-strutturalismo e di quella che venne chiamata post modernità si riferivano esplicitamente alle relazioni mente e corpo, ma dal mio punto di vista, avevano poco o niente a che fare con essa.» (Turkle, 1996 XVII).
Sarà proprio con l'avvento del computer e della Rete che le “lezioni francesi si fanno più concrete e comprensibili:
«Nei mondi mediati dal computer, il sé è multiplo, fluido, e costituito dall'interazione dei collegamenti con la macchina; è costruito e trasformato dal linguaggio; l'incontro sessuale è uno scambio di significanti; e la comprensione arriva dalla navigazione e dall'armeggiare in giro piuttosto che dall'analisi. E nei mondi generati dalle macchine dei MUD, incontro dei personaggi che mi pongono in una relazione del tutto nuova con la mia stessa identità» (Turkle, 1996 XVII).
L'altro aspetto da tener presente e' che la rivoluzione digitale, o, per dirla con Mark Poster (1992), la seconda rivoluzione mediatica, ha coinciso con un clima generale di disorientamento delle scienze sociali. All'idea di un soggetto razionalmente orientato, si e' andata sostituendo una visione molteplice, complessa, decentrata dell'agente sociale che ha messo crisi le strategie di rappresentazione classiche delle scienze sociali . Elizhabet Reid, un'altra delle prime etnografe del cyberspazio, e in particolare di IRC, pone tra le cause di questo disorientamento anche l'esigenza di affrontare l'analisi della comunicazione sincronica via computer:
«le forme di interazione viste su Irc problematizzano e necessitano la ricostruzione di alcuni metodi di analisi che sono stati applicati alle cmc. Irc e le cmc in generale - offrono una sfida alle discipline come la linguistica, la sociologia e la storia che richiedono una ricostruzione delle loro strategie discorsive» ( in Electropolis: Communication and Community on Internet Relay Chat ,1991).
il nesso comunicazione in rete - postmoderno rimane è uno dei lei motiv piu' ricorrenti nella letteratura sulle Cmc. La Reid afferma in conclusione al suo saggio che:
"Intenet Relay Chat, decostruendo i confini sociali e attraverso le modalità con cui i suoi utenti creano le loro comunità è un fenomeno postmoderno".
Anche la Turkle sottolinea il medesimo punto:
«le esperienze in Internet ci aiutano a sviluppare modelli di benessere psicologico significativamente postmoderni: essi riconoscono la flessibilità e la molteplicità; riconoscono la natura costruita della realtà, del sé e dell'altro» (cit. :396).
Uno dei concetti ricorrenti della Turkle è quello che la comunicazione tramite computer è una palestra di sperimentazione per provare ad assumere identità differenti.
L'impossibilità di controllare e sapere veramente chi è l'interlocutore all'altro capo dello schermo, permette una liberazione e una possibilità di sperimentazione dell'identità. Alla critica a questa concezione estremamente fluida, decentrata e delocalizata dell'identità in Rete, e a una valutazione del ruolo dei connotati tradizionali (genere, etnicità, razza, lingua) all'interno degli ambienti virtuali è dedicato il paragrafo seguente.
Per concludere un accenno ad un altro aspetto del nesso cultura e tecnologia: l'analisi del rapporto uomo e macchina, una riflessione avviata nella seconda metà degli anni ‘70, con la comparsa e l'introduzione massiccia del personal computer nella vita quotidiana . Il rapporto Sé - computer e' infatti proprio il tema portante dei primi pionieristici lavori dellaTurkle, Docente di sociologia al Mit, la Turkle nel suo libro del 1984 The second Self: Computer and Human Spirit esaminava le modalità con cui gli esseri umani e in particolare i bambini, interagiscono con il computer, arrivando alla conclusione che per le sue caratteristiche tecniche il personal computer può essere considerato una macchina estremamente duttile e flessibile che arriva ad assumere la funzione di specchio del sé.
Un altro esito della riflessione sul rapporto uomo macchina è la teoria del cyborg. Steve Mizrach, un neo-laureato dell'università della Florida realizzatore di uno dei primi siti dedicati ed esplicitamente intitolati alla cyberantropology, definisce uno degli scopi di quest'ultima quello di esaminare la ricostruzione tecnologica dell'essere umano. Mizrach si richiama alle teorie di Donna Haraway, la quale sostiene che la tendenza naturale degli esseri umani e' quella di ricostruirsi attraverso la tecnologia per distinguersi dalle altre forme biologiche del pianeta. Un progetto che parte dalle prime forme di manipolazione del corpo umano e continua fino a oggi con l'utilizzo di protesi tecnologiche innestate sul corpo umano e lo sviluppo dell'ingegneria genetica. Il desiderio di migliorare ciò' che ha determinato la natura, secondo la Haraway, è alle origini stesse della cultura umana.
Per la Haraway la scienza e la tecnologia hanno cancellato i confini tra sfere che un tempo erano considerate inviolabili: « è un fatto che ben si accorda con il pensiero teorico contemporaneo – e soprattutto col poststrutturalismo […]secondo i post strutturalisti, i sistemi di significato occidentali si basano su opposizioni binarie : corpo/anima, altro/sé, materia/spirito [ ]e il significato si genera attraverso esclusioni: il primo termine di ognuno di questi dualismi gerarchici è subordinato al secondo, che è privilegiato. Il poststrutturalismo tenta di portare alla luce l'astuto inganno con cui le gerarchie filosofiche convalidano i loro standard di verità invalidando i loro opposti.
Ora, secondo Donna Haraway la natura stessa della cybercultura mette in discussione questi dualismi. Le incursioni tecnologiche nell'antica zona proibita che separa il naturale dall'artificiale, l'organico e l'inorganico, rendono provvisoria buona parte di quello che conosciamo, o che pensavamo di conoscere. Le implicazioni filosofiche di questo e altri sviluppi tecnici, sostiene l'autrice, consistono nel fatto che le architravi concettuali della visione occidentale del mondo - La rete di significati centrale alla cultura occidentale” - si rivelano piene di crepe. A parer suo, qualche colpo di martello piazzato nei punti giusti potrebbe far crollare l'intero edificio» (Dery, 1997: 270-271).
Mizrach poi, forzando la mano, sostiene che la cyberantropologia prepara l'etnografo ad avere a che fare con categorie più' ampie di esseri umani, che presto comprenderanno androidi e intelligenze artificiali, il giorno che queste avranno superato il Test di Touring. Nelle tesi della Haraway troviamo un'estremizzazione delle tematiche "postmoderne" della molteplicità e della fluidità dell'identità, argomenti che ritroviamo nei lavori di un'altra protagonista della scena della cybercultura : Sandy Alluquere Rosanne Stone, Assistant professor nel dipartimento di Radio-TV-Film e fondatrice dell ACT (Advanced Communication Technologies Laboratory) dell'università del Texas di Austin. Per la Stone, la comunicazione e le protesi cibernetiche possono addirittura liberarci dalle limitazioni del genere sessuale. Nel 1991 ha scritto The Empire Strikes Back: A Postransexual Manifesto, testo che ha definito i transgender studies come campo disciplinare.
“Where are you from?” è questa una delle prime domande che si sente rivolgere chi entra in una chat. Non si ha idea alcuna dell'interlocutore, nazionalità, sesso, colore della pelle e forse non ci sarebbe neanche bisogno di saperlo. Ma la preoccupazione del “chi si è” tradotta nel “dove si è”, resiste anche nello spazio senza confini di Internet. Residuo di vecchie abitudini? Attaccamento a coordinate obsolete? Oppure necessità ineliminabile dell'essere umano. In molte altre zone della rete la declinazioni delle appartenenze "tradizionali": sembrano mantenere la loro importanza. Tra le migliaia di argomenti di discussione che formano l'arcipelago dei newsgroup: nazionalità, geografia ed etnicità, hanno un loro peso non indifferente con gli oltre 300 gruppi della gerarchia soc.culture e i sempre più numerosi domini di primo livello corrispondenti ciascuno a una diversa lingua nazionale. A dispetto dunque del luogo comune che vuole Internet come uno spazio in cui l'identità etnica non conti, o comunque conti poco, sembra ancora che la terra su cui poggiamo i nostri piedi, pur seduti davanti a un computer, continui ad avere una sua importanza.
Contro l'idea della rete come un non-luogo senza colori della pelle, appiattito su un modello culturale omogeneo e senza distinzioni, si scagliava già nel lontano 1996, si fa per dire, dalle colonne di Wired l'afro-americana Kali Tal, Lecturer dell' University of Arizona, in un articolo dal titolo eloquente e polemico Life Behind the Screen (http://www.wired.com/wired/archive/4.10/scrren.html). Parodiando nel titolo del suo intervento il famoso bestseller della Turkle: “The life on the screen (La vita sullo schermo 1997 ), allora appena uscito nelle librerie americane, metteva in guardia sul fatto che la cosiddetta libertà della rete nel rendere invisibili le connotazioni della razza e del genere è un illusione che nasconde una realtà ben più grave e disturbante : the whitenizing of cyberspace, l'appiattimento della cultura della rete su un modello unico promosso da un determinato, benché largo, settore della società americana: bianca, medio alta e ben istruita, che rischia di escludere tutti gli altri minoranze etniche comprese.
Il breve articolo di Tal è oltre modo interessante poiché individua nell'esperienza dell'afro-americano, con la sua storia ultracentenaria di schiavitù, dislocazione e frammentazione, un modello che anticipa il concetto di persona postmoderno, di cui la Turkle parla come di una novità fine secolo prodotta dalle più recenti tecnologie della comunicazione. Forse, suggerisce ironica la Tal, la Turkle avrebbe compreso prima le “lezioni francesi” di Lacan e Foucault se avesse guardato all'esperienza dei neri africani e ad autori come Dubois, senza dover aspettare l'avvento di Internet. Una risonanza questa, tra esperienza post moderna e afroamericana che gli autori del cyberpunk hanno avvertito popolando i scenari dei loro romanzi di elementi sincretici provenienti proprio da quell'esperienza. Non è un caso allora che Isole nella rete , un famoso romanzo di fantascienza cyberpunk di Sterling è pieno di personaggi simil rasta, e i padroni del cyberspazio di Gibson in Giù nel Cyberspazio siano i Loa, gli dei del Vodu haitiano, prodotti sincretici di incontri e scontri di culture sospesi tra Africa, Europa e America . Ma il popolo della rete di cui parlano la Turkle e anche i techno-cheerleaders di Wired sia il white self, il sé bianco midddle-to upper class, istruito e generalmente maschile: “ the we . unfortunately, of most of the Net.
Ritroviamo ancora un intervento di Tal riportato in calce come citazione in un'ottima bibliografia repribile in rete curata da Arthu Mc Gee sull'argomento Culture, Class and Cyberspace (http://www.igc.org/amcgee/e-race.html) che consigliamo a chiunque voglia cominciare ad affrontare il nesso tra rete, etnicità e cultura. Tal focalizza qui il fraintendimento della cosiddetta libertà della rete, il trucco direi della retorica del tutto e' permesso, niente è permesso. «Non si tratta di ”liberarsi del corpo», afferma, «ma liberare il corpo. “Quello che ci interessa , è come le persone, i cui corpi sono spesso minacciati dalle strutture del potere (minoranze, classi basse, terzo modo, poveri) stanno usando Internet come una base per rendersi più visibili, per una concreta politica dell'identità non per la sua scomparsa».
La valorizzazione e la consapevolezza delle differenze, intesa come possizione da cui il soggetto guarda e interpreta il mondo è uno dei tratti dominanti del pensiero critico di questi ultimi anni:
«Una conoscenza “situata”, come la chiama la Haraway, è una forma di sapere particolarmente sensibile alla complessità dei fattori sociali e culturali che informano lo sguardo critico. Haraway fa propria la lezione che il pensiero postcoloniale di Gayatri Spivak, Homi Bhabba e Edward Said ha faticosamente elaborato dalla prospettiva delle proprie identità ibride e subordinate: la nostra posizione come soggetti organizza il modo in cui pensiamo problemi e soluzioni» (Terranova , 1996: 10).
Segnalo un altro brillante intervento contro 'ideologia omogeneizzante della rete di Elanoire .R. Mason (http://www.virago-net.com/brillo/erasism.htm). dove viene analizzata la pubblicità televisiva di una grande compagnia telefonica, in cui lo speaker con voce suadente afferma: "On the Internet, there is no race....(pause)...there is no gender....(pause)....there is no age....(pause)." . La Mason parla in questo caso di eras-ism , il voler creare l'illusoria fantasia sociale che la rete si una zona in cui tutte le differenze e le distinzioni tradizionali sia cancellate. L'eliminazione delle differenze, fa notare la Mason, non è un fatto positivo in sé stesso, La differenza tra il percepire una categoria sociale come risorsa di identità o come una limitazione per chi ne è portatore riguarda la collocazione che questa categoria ha all'interno della società considerata nel suo complesso. Eliminare (erasing) una categoria non cancella il problema ad essa associato ( razzismo, maschilismo ecc..), non ci si occupa del problema punto e basta lasciando tutto come dietro lo schermo. «Se io dovessi riscrivere quella pubblicità - scrive la Mason - cercherei di creare una fantasia sociale diversa, lo speaker annuncerebbe: on the internet there is race...flash image of dozens of different type of individuals....there is gender....flash images of dozens of individuals.....there is age...., non voglio che le categorie siano eliminate ma si possa trasformarle attraverso l'interazione , la comunicazione e il riconoscimento reciproco. Questo può succedere non perché io sulla rete sia un utente anonimo, senza genere, sesso e nazionalità, ma perché la mia identità si espande attraverso la sua ricreazione sulla rete . Questa è a fantasia sociale che mi piacerebbe creare e sarebbe grande».
Diversi autori hanno cominciato a riportare pionieristici resoconti di spedizioni tra i villaggi più o meno sperduti del cyberspazio. Vere e proprie «etnografie», risultato di ore e ore trascorse davanti allo schermo e/o ad analizzare lunghissimi log di interminabili happening virtuali. Primi tentativi di analisi «scientifica» di quanto sta accadendo alla socialità umana giù nel Cyberspazio.
Saggi, articoli, tesi di dottorato, ipertesti frutto per lo più degli sforzi di giovani ricercatori ancora piuttosto ai margini del mainstream accademico, appaiono qua la come sezioni di siti universitari, una discreta mole di lavoro che merita di essere tenuta in considerazione.
Per un panorama su questi studi da consultare il sito Cybersoc Sociological and ethnographic Research of Cyberspace curato da Robin Hamman aspirante Phd in sociologia dell'università di Liverpool.
http://www.cybersoc.com
Da visitare anche il Cyberstudies Resource Centre che promuve un web ring di collegamento tra i siti dedicati agli studi sociali e culturali sul Cyberspazio
http://nimbus.ocis.temple.edu/~jvaughn/cyberstudies.htm.
Scendendo nel particolare volgiamo segnalare il lavoro della già citata Elizabeth Reid, ricercatrice all'Università di Melbourne, che già nel 1991 ha iniziato ad analizzare le forme di comunicazione che prendono vita su Irc. La Reid in Electropolis Communication and Community on Internet Relay Chat (http://people.we.mediaone.net/elizrs/electropolis.html) offre un'accurata descrizione delle caratteristiche e delle dinamiche di comunicazione tipiche dell'ambiente solo-testo di Irc.
Gli utenti piuttosto che essere limitati dalle caratteristiche tecniche del computer – scrive la Reid – sfruttano le caratteristiche del sistema sperimentando nuove forme di comunicazione espressiva e di comportamento, intrecciando relazioni sociali altrimenti impossibili, fino ad arrivare a formare vere e proprie comunità. L'assenza di codici sociali definiti, la scarsezza di norme codificate di comportamento, l'anonimato dei suoi partecipanti trasformano lo spazio virtuale di Irc in un campo da gioco della propria identità dove è possibile sperimentare diversi aspetti della propria personalità. La momentanea libertà dalle convenzioni linguistiche della propria cultura e del corpo permettono quasi di ritornare a un ideale “codice sorgente” della mente. Ma non si tratta di uno spazio totalmente anarchico. Una comunità di un qualche tipo nasce laddove un'effettiva comunicazione delle proprie intenzioni e dei propri stati d'animo è possibile. Per costruire una comunità è necessario inventare dunque un metodo per prevenire i fraintendimenti, l'incomprensione nello scambio comunicativo. Secondo la Reid la verbalizzazione delle condizione fisiche è questo metodo. Gli utenti descrivono quali sarebbero le loro reazioni a specifiche situazioni se fossero in contatto fisicamente. Naturalmente la descrizione stilizzata dell'azione non e' ciò che realmente l'utente sta facendo, che quasi certamente seduto davanti a un computer a digitare sulla tastiera. Piuttosto rappresentano quale sarebbe la sua azione se lo spazio virtuale di Irc fosse un ambiente fisico reale. Senza gli indizi testuali che sostituiscono il linguaggio non-verbale, secondo la Reid, gli utenti di Irc non potrebbero costruire e sentirsi parte di una comunità. Nell'ambiente, strettamente testuale di Irc questi indizi vengono forniti da un uso creativo del codice ASCI di cui l'alfabeto dei ‘smileys' sono il prodotto più popolare e conosciuto. Una serie di osservazioni queste, che la Reid ritiene valide anche per ambiente leggermente più sofisticati come i MUD, altro campo di ricerca della ricercatrice australiana.
Altri sistemi vanno bene oltre il semplice testo per esprimere stati d'animo e fisicità, è il caso di The Palace sofisticata chat multimediale basta su avatars e ambienti grafici che lo psicologo John Suler paragona addiruttura a una prefigurazione del ponte ologrammi di Star Trek. Suler ha dedicato a The Palace un'intensiva ricognizione etnografica da cui ha tratto un voluminoso ipertesto completamente disponibile in rete:
http://www.rider.edu/users/suler/psycyber/palacestudy.html).
Lo scopo è quello di esplorare le dimensioni psicologiche degli ambienti virtuali creati dal computer e dalle reti prendendo come «case study» privilegiato proprio The Palace.
Non c'è dubbio che aggiungere elementi visuali all'ambiente della chat aumenta la complessità e le sottigliezze sociali. Si possono capire molte cose riguardo le persone dal modo in cui e muovono i loro avatar all'intenterno delle stanze di The Palace. Alcuni si posizionano all'angolo, altri obbediscono alle leggi della fisica sedendosi sui divani altri volano. Vengono rispettate le regole dello spazio personale, i vecchi utenti hanno spesso i loro luoghi che vengo rispettati il loro territorio. Ma c'è un altro elemento interessante. L'esperienza di The Palace è simile alla dimensione del sogno: Le grafiche delle stanze, a volte surrealistiche, dove le leggi fisiche non vengono rispettate, e in cui è possibile volare, viaggiare, comunicare telepaticamente con un utente che si trova in una altra stanza, far apparire oggetti dal nulla. Tutte queste caratteristiche imitano il sogno e il modo di funzionamento dell'inconscio. Secondo Suler The Palace è attraente perché e' come vivere un leggero stato alterato di coscienza. Un'opportunità per sognare ad occhi aperti e, come nei sogni, permette di esprimere ed esplorare e imparare a padroneggiare i molti aspetti di se stessi e della propria vita.
Act Lab - http://www.actlab.utexas.edu/
Texas University – Austin USA
Act Lab è stato fondato da Susanne Allucquere Stone nel 1992, con fondi del dipartimento Radio-TV_Film dell'Università del Texas ad Austin. Il centro si occupa di ricerca sulle nuove tecnologie al confine tea arte e cultura.
CyberStudies WebRing - http://nimbus.ocis.temple.edu/~jvaughn/cyberstudies.htm
Lo scopo di questo Web Ring è quello di collegare tutti i siti internet che hanno un interesse per i cyberstudies.
Center for the Study of Online Communities - http://www.sscnet.ucla.edu/soc/csoc/
UCLA University of California Los Angeles - USA
Il “centro sullo studio delle comuntà on line” cerca di presentare e focalizzarsi su come i computer e le reti alterano la capacità delle persone di formare gruppi, organizzazioni istituzioni e come queste formazioni sociali sono capaci di assolvere agli interessi collettivi di coloro che ne vengono a far parte.
Cybersoc: Resources for the Cyber-Sociologist - http://www.socio.demon.co.uk/home.html www.cybersoc.com
University of Liverpool – UK
Diretto e realizzato da Robin Hamman Phd del dipartimento di Comunication Studies dell'Università di Liverpool, Cybersoc è un'ottima risorsa per iniziare a studiare gli aspetti sociali delle cyber comunità. Qui e' possibile trovare le etnografie di Hamman su Aol, e un' interessante pagina, in collaborazione con Amazon, sulle novità editoriali pubblicate sull'argomento.
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DigitalMedia: Communities - www.arcade.uiowa.edu/gw/comm/digitalmedia/digitalcommunities.html
University of Iowa - USA
The Center seeks to present and foster studies that focus on how computers and networks alter people's capacity to form groups, organizations, institutions, and how those social formations are able to serve the collective interests of their members." Papers, Syllabi.
Enciclopedia Multimediale delle Scienze Filosofiche - http://www.emsf.rai.it
Rai Educational - Italia
Un ricchissimo archivio di testi originali di filosofi , esperti di comunicazione, numerosi i contributi su new-media e mass media
Media/Mente - http://www.mediamente.rai.it/
Rai Educational - Italia
L'archivio della trasmissione Mediamente della RAI - Radio televisione italiana, ricchissimo di articoli, saggi e interviste sulla vita sociale in rete.
Popocultures.com Sarah Zupko's Cultural Studies Centre - http://www.popcultures.com/
USA
Sarah Zupko ha creato una collezione di risorse disponibili su Internet riguardo i Cultural Studies che è semplicemente stupefacente. Il Cultural Studies Centre è più di un metasito, esso offre tantissimi articoli e recensioni on line, così come innumerevoli collegamenti.
I collegamenti egualmente sono suddivisi in cinque settori: 1)Massa Media/Communication, 2) Cyberspace/Sci-Fi; 3) Televisione; 4) Cinema; ed 5) Internazionale. I progetti per il futuro prevedono una rivista on line.
Resource Center for Cyberculture Studies - http://otal.umd.edu/~rccs/
University of Maryland USA
Il Resource Center for Cyberculture Studies (University of Maryland) è un organizzazione non-profit il cui proposito è quello di fare ricerca e insegnare i diversi elementi della dinamica della cybercultura. Multidisciplinare per natura cerca di mettere in contatto diverse discipline che si occupano di queste tematiche. Da segnalare la bibliografia commentata e una serie di interviste a esperti del settore.
Seeker1'sCyberAnthropology Page - www.clas.ufl.edu/users/seeker1/cyberanthro/newhome.html
University of Florida USA
Uno dei primi siti dedicati alla cyberanthropology e' curato da Steve Mizrach e ospitato dall'Università della Florida
Theory.org - http://www.theory.org.uk/
Università di Leeds – Institute of Communications Studies UK
Si occupa delle relazione tra mass media, identità e genere.
Voice of the Shuttle: Cyber Culture Page - http://humanitas.ucsb.edu/shuttle/cyber.html
Univ. of California, Santa Barbara - USA
Ricchissimo repertorio di pubblicazione on line
Web Page for Humanities Research (Univ. of California, Santa Barbara)
Computer-Mediated Communication Magazine http://www.december.com/cmc/mag/current/toc.html
USA
La rivista sulla "comunicazione tramite compute" diretta da John December, uno dei maggiori esperti di Internet. Saggi analisi e commento sull'informazione on-line.
CTHEORY - http://www.ctheory.com/
è una rivista internazionale di teoria, tecnologia e cultura. Gli editori sono Arthur and Marilouise Kroker. Viene agginato settimanalmente.
CRITICAL MASS - The Roadside Attraction on the Information Highway - http://hoshi.cic.sfu.ca/~cm/
Simon Fraser University - Canada
Critical Mass cominciò come un progettio sperimentale alla Simon Fraser University nell'esate del 1995 da parte di sei studenti di comunicazione. L' obiettivo della rivista è quello di offrire una prospettiva canadese sulle comunicazioni di massa ed esplorare il potenziale del WWW come medium di comunicazione e didiffusione.
Cultronix - http://english-www.hss.cmu.edu/cultronix/
Cultronix è una rivista interdisciplinare di arte contemporanea e cultural studies che si occupa di questioni riguardanti le pratiche contemporanee di comunicazione. Pubblica contibuti che comprendono una larga gamma di media e incoraggia coloro che contribuscoo la rivista a usare i nuovi media per espandere il lavoro critio e teoretico all'audience dei lettori internet.
Ospitata dal Es Server (http://english-www.hss.cmu.edu/ ) alla Carnegie Mellon University che contiene più di 27.000 testi riguardanti le Scienze Umane.
Enculturation: An Electric Journal for Cultural Studies & Theory - http://www.uta.edu/huma/enculturation
Journal of Online Behaviour http://www.behavior.net/JOB/
Journal of Computer-Mediated Communication - http://www.ascusc.org/jcmc/
University of Southern California
Kairos: A Journal For Teachers of Writing in Webbed Environments - http://english.ttu.edu/kairos/
Mediatribe http://cug.concordia.ca/~mtribe/
Concordia University, Montreal, Canada
è la rivista degli studenti del dipartimento di studi sulla comunicazione dell' università di Concordia, Montreal, Canada. La rivista ha una cadenza annuale ed è completamente gestita dagli studenti. È pubblicata con il concorso finanziario del Dean of Arts and Science, the Dean of Students, the Department of Communication Studies.
New Media & Society www.sagepub.co.uk/journals/details/j0182.html
.è una rivista internazionale il cui scopo è quello di fornire una spazio internazionale di discussione per l'analisi delle dinamiche sociali dei media e delle trasformzioni dell'informazione. Nel comitato editoriale troviamo: Nicholas Jankowski University of Nijmegen, The Netherlands, Steve Jones University of Illinois at Chicago, USA
Rohan Samarajiva Telecom Regulatory Commission, Sri Lanka/Ohio State University, USA, Roger Silverstone London School of Economics and Political Science, UK.
Postmodern Culture - muse.jhu.edu/journals/postmodern_culture/
Rhetnet: A Cyberjournal of Rhetoric and Writing - www.missouri.edu/~rhetnet/
Speed - tunisia.sdc.ucsb.edu/speed/speedSTD.html
Space & Culture www.comp.lancs.ac.uk/sociology/research/DDS/space.html
Space and Culture è una rivista interdisciplinare che promuove la pubblicazione di riflessioni su diversi ambiti socio-spaziali quali la casa, l' architettura, la città e la geopolitica. Vengono applicati i temi del dibattito teorico contemporaneo dei Cultural Studies, dell'analisi del discorso e dei Post-colonial Studies, per affrontare le questioni legate all'identità sessuale, migratoria e diasporica, e all'identità e alla cittadinanza virtuale.
Wired News - www.wired.com/news/
USA
Telema - baldo.fub.it/telema/
Fondazione Ugo Bordoni - Italia
La rivista segnala ogni tre mesi le principali novità e propone dibattiti tra i esperti italiani e stranieri sui temi più significativi del mondo della telematica. E' edita dalla Fondazione Ugo Bordoni, che svolge e promuove ricerche e studi scientifici e applicativi nel campo delle telecomunicazioni, dell'informatica e dell'elettronica. Telèma affronta, in ogni numero, un differente tema monografico, analizzando le implicazioni di carattere tecnologico, economico, giuridico, culturale e sociale derivante dal progresso e dalla diffusione delle moderne tecnologie telematiche. Nella seconda parte, pubblica articoli e rubriche che informano sui principali avvenimenti di attualità che riguardino la multimedialità.
The Journal of Virtual Environments - http://journal.tinymush.org/~jomr/
Il Journal of Virtual Environments è una rivista che si occupa di ambienti virtuali, è un periodico elettronico che pubblica ricerche che si riferiscono agli ambienti virtuali o su chi usa gli ambienti virtuali. La rivista si interessa in particolare ai metodi psicologici, antropologici, sociologici, come sono le funzioni pratiche e tecniche di creazione, di effettuare e di amministrazione dei Virtual Enviroments. Accoglie sia ricerche il lavoro empiriche che teoriche. Il giornale pubblica " le osservazioni " (nuove direzioni che propongono i nuovi sensi per ricerca sugli ambienti virtuali) e le recensioni dei libri.
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Su alcuni primi esperimenti vedere il Center for Social Anthropology and Computing dell'Università del Kent (http://lucy.ukc.ac.uk/). Segnalo l'intervento del direttore del centro alla conferenza internazionale dell'IRISS (Internet Research and Information fo Social Scientists), tenutasi a Bristol nel 1998Anthropology Nine Hundred Years After the Invention of Hypertext (http://www.sosig.ac.uk/iriss/papers/paper48.htm). Interessante che la presentazione di alcuni ricerche etnografiche che mettono a disposizione la lettura integrale delle note di campo Ad esempio : The Virtual Institute of Mambila Studies, (http://lucy.ukc.ac.uk/dz/) e la ricerca del Phd Stephen Lyon su un villaggio del Pakistan (http://sapir.ukc.ac.uk/SLyon/).
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